Pur essendo costrette ad usarli ogni mese, il sistema fiscale italiano li tratta come tali. Veramente possono non essere considerati dei beni di prima necessità?
È stata ancora gettata al vento l’occasione di mostrarci un paese sensibile alle pari opportunità. Lo Stato preferisce non cambiare nulla e continuare a lasciare a carico delle donne le spese per gli assorbenti: lo scorso mese, infatti, sono stati ben 253 (contro i soli 189 favorevoli) i voti della Camera contrari all’emendamento sulle semplificazioni fiscali proposto dal PD.
La proposta, in sintesi, suggeriva l'abbassamento dell'Iva sugli assorbenti dal 22% al 5%, o almeno al 10%.
L’imposta sul valore aggiunto, applicata ai prodotti di largo consumo, ricade direttamente sul consumatore finale (in questo caso le donne), e si suddivide in Iva agevolata, comprendente i beni esenti da Iva (visite mediche, monete e lingotti d’oro, assicurazioni) fino a quelli tassati al 4% e 10%, considerati beni di prima necessità, come occhiali, protesi, ortaggi, ma anche manifesti elettorali, abbonamenti radiotelevisivi, e addirittura francobolli da collezione, e in Iva ordinaria al 22%.
Quest'ultima racchiude in un mare magnum di beni tutti quelli non considerati primari, tra cui, naturalmente, gli assorbenti, che sono quindi tassati proprio allo stesso modo delle automobili, di vini e spumanti DOC.
La Camera accompagna la sua sconfortante opposizione all’emendamento con una motivazione elementare e abbastanza ovvia: al momento non ci sono coperture finanziarie sufficienti per la riduzione dell’Iva sugli assorbenti. In parole povere, non ci sono soldi: giustificazione avvilente, dal momento che è come dire che dovranno essere le donne a versarli.
In effetti lo Stato impiegherebbe una cifra compresa tra i 212 e i 300 milioni di euro per la riduzione dell’Iva, pochi spiccioli insomma, che evidentemente non vogliono essere usati per beni superflui e non considerati di prima necessità come gli assorbenti, di cui, ovviamente, tutte possiamo fare a meno…
200/300 milioni: una bella cifra, no? Se si fanno due conti infatti, per ogni pacchetto di assorbenti che compriamo al supermercato circa 50-60 centesimi vanno allo Stato, per ogni mese, per 40 anni, per ogni donna italiana.
Italiana, perché in altre zone è tutta un’altra storia: in paesi europei come Francia, Olanda, Inghilterra o Belgio gli assorbenti sono tassati al 5-6%, mentre in Irlanda e allontanandoci fino al Canada l’Iva per gli assorbenti è stata addirittura abolita.
Nemmeno i diversi movimenti femministi che si sono creati in tutta la penisola e che sono scesi nelle piazze sembrano aver riscosso molti risultati, e lo Stato continua dritto per la sua strada, scavalcando i bisogni e le necessità giornaliere femminili: il fatto che il tartufo sia considerato un bene primario mentre gli assorbenti dei beni di lusso è un paradosso che inspiegabilmente non siamo ancora riusciti a superare, e anzi, rappresenta quasi un fattore di discriminazione verso tutte le donne.
Vivere senza assorbenti, a mio parere, non è come vivere senza televisione o senza superalcolici, ma sembra che continueremo comunque a comprare merendine e fertilizzanti con Iva al 4% e 10%, ma assorbenti tassati al 22%.
- Giorgia Cervellini
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