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Porca Eva e Sant'Agostino


 

Nella storia della cristianità pochi crimini sono passati sotto il torchio di teologi e filosofi come quelli del vescovo di Ippona e della madre del genere umano. I due personaggi sono, però, così diversi agli occhi del pubblico, che ritengo sia oggi necessario far notare come la storia di questi infelici sia in realtà molto più simile di quanto possiamo pensare. I due colpevoli saranno analizzati partendo dalla loro condizione pregressa fino ad arrivare alle conseguenze che loro azioni hanno causato.

In entrambi i casi si tratta di due benestanti, che non hanno alcun motivo impellente per infrangere la legge posta dall’alto. Agostino è figlio di patrizi di etnia punica, suo padre è nel consiglio municipale e al giovane è garantito fin dall’inizio un buon livello di istruzione, la prima donna, allo stesso modo, vive senza bisogni o necessità in un luogo che ci è descritto come un piacevole giardino. Si tratta di due anime borghesi, che non hanno mai conosciuto la povertà, la penuria, l’umiliazione, sono felici così come sono, uno in Nord Africa e l’altra nell’eden.

Come si arriva dunque all’innominabile crimine? L’atto in sé è praticamente identico, l’unica cosa a cambiare è la varietà del frutto: Agostino ruba delle pere, Eva non è così ingorda e si limita ad un singolo pomo, traviato, nelle varie traduzioni, fino a diventare una mela. Nessuno dei due sta morendo di fame, agiscono per volontà, desiderio, sanno bene che il giusto non è dalla loro parte, ma compiono il male ugualmente. Forse sono stati corrotti da qualche serpentello parlante, logico, non lo si può escludere totalmente, ma per libertà intellettuale proverò ad ignorare questa affascinante ipotesi.

Dunque, diavolo o no, il danno è ormai compiuto, che fare a questo punto? Entrambi i criminali non sembrano aver elaborato piani complessi a seguito del furto: il ragazzino empio e malvagio si annoia presto della refurtiva e decide di lanciarla in un porcile, la donna scellerata si ritrova in mano poca cosa e decide di condividerla con il compagno. Ecco delinearsi un altro punto in comune, il crimine è stato fine a sé stesso, il giovane, una volta cresciuto, scrive nelle sue Confessioni: “ti dica, dunque, il mio cuore a che cosa mai mirava se non a esser malvagio senza alcun tornaconto”.

È ora di arrivare alla grande differenza, ciò che rende Eva empia e Agostino redento: la pena. Agostino non viene punito per le sue azioni malvagie, non incontra conseguenze penali, è assolto da ogni possibile accusa. Con Eva, invece, viene fatta giustizia e a soffrire per causa sua è anche Adamo, i due vengono sfrattati, soffriranno la fame e la sete, ma il proprietario di casa non vuole farle mancare niente, le comunica che partorirà con dolore.

Il furto commesso da un uomo libero, nella Roma del quarto secolo, era punito con la fustigazione, oppure, se si raggiungeva un accordo, con una grossa ammenda. Possiamo facilmente immaginare l’agiato Agostino che si fa pagare la multa dal papà, purtroppo il creatore di Eva ci risulta meno comprensivo. Il ragazzo ebbe tutto il tempo per pentirsi, per rendersi conto che non era la società intorno a lui ad essergli nemica, e che non si sarebbe sentito realizzato nel combattere contro qualcosa di ingiusto compiendo ingiustizie. Eva, al contrario, subisce una punizione durissima, senza nessun intento di riabilitazione da parte del giudice, per lui il colpevole resterà sempre tale, la progenitrice non potrà migliorarsi, cambiare, proprio perché agli occhi degli altri è ormai ladra per sempre, è traditrice, imbrogliona, donna, porca, puttana.

Ecco come creare un santo e un mostro, un dottore della chiesa e un demone latente. Una pena che disumanizza, in carceri sovraffollate, restie a far lavorare i propri detenuti e a farli rientrare nella cittadinanza, non può, in alcun modo, essere ritenuta riabilitativa. In Italia, nel dicembre 2020, si contavano cinquantatré mila detenuti in 189 carceri, tremila in più rispetto alla capienza regolamentare, il 68%, una volta uscito, torna a delinquere. Depenalizzazioni, servizi sociali, arresti domiciliari, sono tutti mezzi per una pena più umana, che punta a riformare un cittadino e, se si è fortunati, un nuovo Agostino.


 

Leonardo Cini

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