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Immagine del redattoreCaffè Leopardi

One day abroad

Aggiornamento: 4 ago 2019

COLCHESTER

Ci troviamo nella contea di Essex, l’equivalente di una regione italiana, a meno di un’ora di treno da Londra. Colchester è casa per famiglie, alunni, studenti e soprattutto pendolari che ogni giorno partono alla volta di Londra.

Io, nella semplicità della mia vita, mi sveglio la mattina, scosto le tende, guardo fuori dalla finestra della mia stanza, e lì dove prima si elevava il Monte Conero e si stendeva il Mar Adriatico, ora trovo una strada pianeggiante, e così tutt’intorno.

Benvenuta in città.

Prima città britannica fondata dai Romani e prima capitale d’Inghilterra, Colchester è la mia nuova casa. Pur con questi primati prestigiosi, rimane una città relativamente piccola ed economica, creando un contrasto tangibile con la vicinissima, grandissima, bellissima, costosissima capitale. Appena arrivata, Colchester mi è sembrata incredibilmente grande, vasta e contorta, ma la mia percezione era influenzata dal mio vissuto nella piccola città di Loreto.

A volte mi fermo a ragionare sulla grande influenza dell’ambiente sulle abitudini di una persona. La vita in città ha apportato delle modifiche alla mia alimentazione, ai miei programmi e soprattutto a come mi muovo durante la giornata.

Le mie giornate cominciano con la sveglia delle 6:10, che rimando e rimando continuamente, viziata dal vantaggio di avere autobus a disposizione ogni dieci minuti. E quando altri si lamentano di un così lungo, trascinato, eterno intervallo, io faccio tesoro del fatto che perdere la corriera per andare dove devo andare non significa più aspettare una o due ore in più, chiamare i miei genitori o, alla peggio, ritornare a casa e dormire. Ogni giorno c’è qualcosa da fare: la scuola, attività al di fuori di essa, appuntamenti o colloqui da qualche parte, andare a trovare qualcuno, e non si sa mai quando e come si ritorna a casa. La bellezza della città è il trasporto, che mi rende libera dai miei genitori e libera i miei genitori da me.

La forma di trasporto più popolare dopo la macchina è l’autobus. Ci sono diverse line di servizio circolanti dentro Colchester. Due cose amo dell’autobus: uno, il fatto che ci sono quelli a due piani; due, fatto che le linee non variano completamente da città in città, provincia in provincia, regione in regione. Questa in generale e’ la bellezza dell’Inghilterra, dove tutto quello che trovi a casa lo hai anche fuori, il che è molto vantaggioso per orientarsi e spostarsi bene in altre città. Una terza cosa che amo degli autobus è l’accesso. L’assenza di tabaccherie e controllori obbliga all’acquisto del biglietto a bordo. Il prezzo varia in base all’età, in base alla tratta, in base alla sua validità. Ci sono quelli che valgono solo per l’andata e ritorno da una fermata specifica, quelli che valgono tutto il giorno e per ogni tratta, e ci sono gli abbonamenti settimanali, mensili o annuali. Tanti biglietti hanno sul retro dei buoni da due sterline per un menu al McDonalds o al Burger King, che sono al contempo la mia salvezza e la mia condanna. Tutti gli autobus, nessuno escluso, hanno la pedana che permette a chi ne ha bisogno di usufruire del servizio senza troppe difficoltà. Cosi equipaggiati, si è pronti per andare ovunque a Colchester.

Tre cose che odio dell’autobus: il ritardo, il traffico e le corse folli per prenderlo.

Più volte di quanto vorrei, per colpa mia o per cause esterne, mi sono ritrovata a spostarmi con il taxi. Prendere il taxi is not a big deal, ma ce ne sono ovunque e il servizio è veloce ed efficiente. Basta chiamare, dare la tua posizione e dire dove vuoi andare. Se è urgente, si prenota al momento, altrimenti si può prenotare per un determinato orario.

Chi ha vissuto una vita con la bellezza e la comodità di questi mezzi e con la comodità di avere tutto a portata di mano, tende trovare sempre qualcosa da criticare. Anche in questo caso, la libertà di movimento mi ha reso più indipendente e al contempo più responsabile nella gestione del mio tempo e delle mie attività.

Sì, magari ora quando voglio qualcosa non devo chiedere. Ma ho incominciato a vedere che l’indipendenza può avere anche risvolti scomodi: essere più indipendente può voler dire rimanere bloccati da qualche parte, senza sapere dove si è, senza poter chiamare nessuno; può voler dire saper fare domande, spendere un po' di più, risolvere problemi senza nessuno a suggerirmi la soluzione. Potermi spostare liberamente ha reso le mie interazioni con la città più attive di quanto non avessi mai fatto in Italia. Non più il silenzio, non più la campana a scandire il corso della giornata, non più la piazza, non più il corso, non più pasti rigorosamente sani. Ritorni a casa dopo una lunga giornata passata a correre avanti e indietro, per poi ricominciare tutto da capo domani.

Benvenuta in città.


- Tracy Okundia

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