Il 13 % dei maturandi ha svolto per la prova di italiano la traccia C2, la terza più scelta dopo quella su “L’illusione della conoscenza”, testo di Steven Sloman e Philip Fernbach, e "Istruzioni per l’uso del futuro” di Tomaso Montanari. L’indicazione era di riflettere sul rapporto tra sport, storia e società a partire da un articolo di Cristiano Gatti su Gino Bartali e il suo contributo per la salvezza di centinaia di ebrei dai lager nazisti. Un tema spiazzante, forse per la prima volta lo sport entra in modo così diretto nella maturità. Per qualcuno è stato anche sconcertante, in queste due settimane passate dalla prima prova in molti si sono lamentati di un tema così inusuale. Il perché si intuisce facilmente: stiamo parlando dell’esame di maturità, cosa c’entra Gino Bartali e il ciclismo con una cosa così seria (anche se in realtà si parlava di ben più di ciclismo)? Questa indignazione, anche se in pochi se ne sono accorti, ha preso un po’ tutti, giovani e vecchi, compresi quelli che Bartali lo hanno tifato. Il ministero avrebbe insomma avuto la colpa di andare per così dire fuori tema, di aver proposto un argomento leggero laddove il pensiero dovrebbe essere sollecitato da tematiche ben più impegnative. Non si può sapere con quale intento sia stata fatta questa scelta, ma è la giusta occasione per riflettere e ripensare davvero il ruolo dello sport nella società.
Lo sport ha ancora oggi un’importanza secondaria se non terziaria rispetto alle altre attività umane, sia corporali che mentali; è vittima spesso inconsciamente di discredito e svalutazione, tanto che è considerato poco più che un gioco e lo sportivo un adulto che vuole continuare a giocare come un bambino. È vero, è una delle poche cose che accomuna e coinvolge le persone in modo così trasversale e potente come neanche la politica sa fare, ma nonostante ciò ridiamo di chi preferisce tentare la via del professionismo sportivo invece di proseguire gli studi e spesso ci vergogniamo di ammettere la nostra passione per il calcio o la pallavolo o altro ancora, come se dovessimo confessare una debolezza. Solo così si spiega lo sdegno di fronte alla traccia C2. E così invece si perde una grande occasione, con conseguenze negative per lo sport stesso in primis. Il risultato infatti è stato che lo sport ha liberato, una volta reso così marginale, le sue peggiori energie: è diventato un campo in cui sono sdoganate le volgarità e l’ignoranza, in cui i violenti diventano capi delle tifoserie e gli allenatori mostrano i genitali agli avversari, ricevendo persino il plauso del pubblico. E tutto ciò accade sotto gli occhi di tutti senza che nessuno batta ciglio, abituati come siamo allo stato delle cose. È ora di ripensare il ruolo dello sport nella società, se non altro per evitare degenerazioni così vergognose come queste. Il che non significa sovrastimarlo, ma dargli la giusta dimensione e quella dignità tolta senza alcun motivo. Né più né meno, né farne il centro della vita né sottovalutarlo. Cominciamo col parlarne seriamente, non come fosse il punto più basso di una conversazione. Così non solo eviteremmo gli eccessi, ma forse ci ricorderemmo che siamo fatti di mente e corpo, e non ve n’è uno che sia superiore o inferiore rispetto all’altro.
- Carlo Vesprini
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