Così si sviluppa lo sport femminile. L'ennesima vittoria di chi crede che non possano farcela da sole, maturata su uno dei campi di battaglia preferiti dai maschilisti: quello da calcio.
Con il mondiale, il calcio femminile sta acquisendo una visibilità sempre maggiore: in 39.027 hanno seguito il match tra Juventus Women e Fiorentina Women all'Allianz Stadium di Torino, stabilendo il nuovo record nazionale di spettatori; le scuole calcio sparse per l'Italia accolgono sempre più richieste d'iscrizione da parte di giovani calciatrici in erba. Finalmente, viene da dire.
Sono dati, però, che fotografano una crescita tardiva e ancora troppo lenta rispetto a quella che si nota in Francia, Spagna e USA. E se per la superiorità oggettiva del sistema sportivo statunitense noi europei abbiamo sempre pronta la scusa dei college in cui"si fa solo quello", il ritardo della FIGC rispetto ad altre federazioni UEFA è semplicemente ingiustificabile.
Il calcio italiano è e sarà viziato da un approccio ancora beceramente maschilista. Il movimento sportivo femminile, secondo questa mentalità, non potrà mai essere altro che parte effimera, superflua, "costola" di quello maschile.
Possibile che sia ancora tutta colpa della miopia dei vertici federali? D'altra parte, è solo per scarsa rapidità decisionale che si è potuta procrastinare fino al 2015/16 la decisione, presa da Tavecchio, di inserire la Serie A sotto l'egida diretta della FIGC, dove le giocatrici sono maggiormente tutelate. E non c'è dubbio che la legge 91 del 1981, tra le più obsolete d'Europa in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, debba esser rivista, poiché continuare a relegare queste atlete sotto la categoria di "dilettanti" è impensabile, oltre che ridicolo.
Ma la soluzione a questi problemi non sta nella ricerca di una maggiore visibilità mediatica. Non sta, di certo, nel forzare la crescita del calcio femminile attraverso i brand maschili della Serie A, obbligati della Federazione ad avere un'appendice rosa. L'acerbo campionato italiano di calcio femminile non ha bisogno dei soldi dei maschi per maturare; ha bisogno di scuole calcio, quelle sì. Risorse umane, non economiche, perché gonfiare il valore della massima serie di un movimento ancora troppo marginale significa costruire un edificio senza fondamenta. E, finiti i lavori, l'edificio avrà bisogno del sostegno del movimento maschile, di cui avrà finito per diventare succursale.
La cura, certo non immediata, per questa mentalità malata è una sola: redistribuire le risorse mediatiche ed economiche tra gli altri sport femminili, pieni di potenziale umano ma privi di qualsiasi finanziamento, e puntare con convinzione sull'intero movimento del calcio femminile dal punto di vista sociale e tecnico, prima che economico. Facendo finta, per una volta, che De Coubertin possa esser fiero di noi.
- Riccardo Fasano
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