top of page
Immagine del redattoreCaffè Leopardi

Caput imperare non pedes

18 maggio 2019: Santo Stefano Avis - Cantù 70-66. Con questo risultato la squadra marchigiana di basket in carrozzina si laurea in gara 3 campione d’Italia per la prima volta nella sua storia. Il match è stato sofferto, ma la difesa neroverde ha tenuto, anche quando i canturini sembravano sul punto di agguantare il pareggio. Alla fine capitan Ghione ha potuto alzare il trofeo di fronte al pubblico di casa. E’ vero, sono passati più di due mesi ma l’evento è da segnalare per una regione che non brilla nello sport come Lombardia o Lazio, fatta eccezione forse solo per la Lube Civitanova. Tanto più se a vincere lo scudetto è Porto Potenza Picena.

Il portopotentino ha un rapporto speciale con lo storico centro riabilitativo, lo conosce fin dalla nascita come parte del paesaggio urbano e del paesaggio umano. Spesso chi vi è costretto a una lunga permanenza diventa abitante del paese a tutto tondo, condividendo coi suoi cittadini autoctoni gli spazi di condivisione quali piazze, bar, negozi ecc. Nasce così una particolare forma di affetto nei confronti dei pazienti, misto a quel rispetto che il malato sempre suscita. E i pazienti stessi ricambiano riconoscendo al personale del Santo Stefano in primis e alla città poi un’accoglienza e un calore umano non scontato, che se non cancellano il dolore e la sofferenza, per lo meno salvano dall’isolamento nel quale in certe condizioni è facile cadere. Porto Potenza ha quindi nei giocatori i suoi beniamini, un po’ come i figli per i

genitori, e vederli conquistare, in una gara per altro intensa ed esaltante, lo scudetto, provoca una vertigine inebriante e riempie il cuore di quel sano orgoglio, che fa esser fieri delle proprie origini.

Ma spostiamo ora l’attenzione su chi la partita l’ha giocata. Il basket in carrozzina in Italia esiste da poco, la FIPIC (Federazione Italiana Pallacanestro in Carrozzina) è nata solo nel 2010. Rimane ancora una cosa per pochi interessati, e questa scarsa conoscenza porta a farsene un’idea di sport lento. Invece la prima cosa che sorprende è proprio la velocità, o meglio l’intensità: i cestisti devono controllare allo stesso tempo due strumenti, la palla e la carrozzina, con gli stessi ritmi del basket in piedi. Perciò è richiesta un'imprescindibile preparazione fisica per braccia e addome, non basta il talento per esser bravi (provate

a tirare a canestro tenendo bloccate le gambe e vi accorgerete della difficoltà). Vanno poi allenate parti del corpo che di solito sono marginali, come la coda dell’occhio o i polpastrelli (in certe azioni si gioca letteralmente sulla punta delle dita, ed è uno spettacolo). In tutto ciò non c’è alcun eroismo, guardare una partita di basket in carrozzina non fa commuovere, i cestisti non danno l’impressione di essere dei titani più forti del destino, ma solo quello che sono, persone appassionate di uno sport che trovano un modo per giocarlo comunque. In fondo non è proprio questo lo spirito paralimpico, restituire la normalità a chi è stato

colpito dalla malattia?


- Carlo Vesprini

24 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

En garde!

L'arte della box

Comments


bottom of page