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Immagine del redattoreCaffè Leopardi

Social-dipendente spiega (o ci prova) a cosa cazzo serve leggere nel 2020

Per riuscire a non esprimerti in questa maniera così click bait, per esempio.

Ma anche per salvare il mondo.


È chiaro che la (sottovalutatissima) facoltà di leggere è una tra le capacità più importanti che gli esseri umani possano avere. Con "leggere" non si intende per forza Dostoevskij, basta anche lo stop di un cartello stradale.

In effetti il fatto stesso di poter apprendere (in maniera più o meno autonoma) a decifrare simboli morti ed inanimati per trarne informazioni e messaggi più che vivi e palpitanti ci distingue dagli animali. Il chihuahua medio, pur potendo vedere lo stop nel cartello stradale, non avrà né potrà mai acquisire la capacità di associarlo immediatamente ad un concetto, astruso o immediato che sia, né ad alcun significato che vada oltre a dei simboli su uno sfondo a contrasto.

L'uomo primitivo dipingeva scene di caccia sulle pareti delle caverne con fini propiziatori, l'uomo sumero imprimeva brevi segni sull'argilla per conteggiare le merci, e l'uomo moderno deve prima o poi nel corso della sua vita imparare a leggere e scrivere.

È una skill che si deve per forza di cose ottenere se si pretende di vivere nella parte occidentale della società (non so se ti sei resa/o conto, ma se stai leggendo questo articolo è probabile che tu faccia parte della fascia di quelli nati sotto il segno della botta di culo). Se saper leggere non fosse così fondamentale e funzionale alla vita in comunità, che so, metteremmo chihuahua alla guida degli autobus.

La cara vecchia umanità, a scanso di pronostici del tutto sfavorevoli, è arrivata a vedere la luce della terza decade del terzo millennio e, per come vanno le cose, suppongo che non mi riterrai del tutto uno stupido solo perché ritengo che questo prossimo decennio sarà un altro segnato dal prefisso “SMART”.

Smartphone, smarttv, smartdriving, smartmoka, smartascensore, smartcazzivari.

Tutte cose che si preannunciano (o forse è solo il modo in cui vengono marketizzate ad indurci a pensarlo) più smart di noi.

A partire dallo smartphone, si tratta di un’onda evolutiva basata sull’esigenza di portare continui ed insistenti contributi informativi (e disinformativi) vicino a noi, contenuti che per essere fruiti vanno per lo meno letti.

Il mondo ci bombarda di informazioni veloci e immediate che ci arrivano direttamente tra le mani.

Si potrebbe pensare a questi supporti tecnologici come a delle protesi, delle formidabili e comode estensioni delle nostre naturali abilità, una novità positiva per noi ed il nostro cervello, poiché lo tengono attivo e lo costringono a leggere cose sempre nuove. Non lasciatevi ingannare. Dal mio cellulare ho accesso a (quasi senza esagerare) tutte le informazioni del mondo, eppure noto che la continua richiesta di attenzione di un pianeta strettamente connesso impigrisce la mia e la nostra curiosità.

Impoverisce il nostro vocabolario.

Inquina la nostra immaginazione.

Imprigiona il nostro senso critico.

Invece che unire, isola.

La ragione è più che evidente: il messaggio stringato di un amico “Stasera calcetto?”, il post sgrammaticato di tua zia su Facebook, la pagina web di ricette di Sora Lella sono tutte cose che, sì, debbono esser lette, ma non offrono assolutamente lo stesso apporto, né (mi auguro) hanno lo stesso impatto sul nostro cervello che avrebbero le parole misurate e curate di un romanzo qualsiasi. Non lo mettono alle strette costringendolo ad innescarsi per ragionare, non lo stimolano.

Il difficile è proprio questo: capire che sono due tipi di lettura diversi. Uno è leggere per la sopravvivenza, l’altro per nutrire la nostra mente: le due maniere non vanno confuse, né considerate intercambiabili.

Il blog della Ferragni (pure se lo leggi tutto!) non è Moravia. E viceversa, ci mancherebbe.

Entrambe le cose servono: smettere di leggere libri, saggi, romanzi, pensieri, storie, poesie e quant’altro riguardi ciò che si può leggere di nobile per lasciar spazio solo al resto ci renderebbe (e ci renderà) presto schiavi.

Schiavi della scarsa curiosità.

Di un vocabolario troppo stretto.

Di un cervello annoiato.

Di noi stessi.

Scemi, insomma.

È pur vero il contrario, però.

Confinarsi in un mondo di libri, nella lettura per antonomasia, ignorando ciò che è altro, sarebbe ostinarsi a guardare nella direzione opposta a quella verso cui guarda il mondo. Puristi polverosi e incantati, poco competitivi e poco rilevanti nel 2020.

Non servivo certo io per dire che ogni eccesso è dannoso, persino gli estremi più virtuosi.

Per citare un filosofo contemporaneo, (di quelli che non si trovano nei libri) bisogna fare un mix.

Lo smartphone per capire dove stiamo andando, i libri per capire perché ci andiamo.

E per tenere ancora un po’ i chihuahua lontani dagli abitacoli degli autobus.


- Matteo Leoni

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